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Nasce da Francesco e Giovanna Benozzi, comici girovaghi con la compagnia di Francesco Calderoni. Nonostante dovesse seguire i genitori di città in città, Elena ricevette una accurata educazione letteraria che doveva ben presto guadagnarle la stima dei più illustri letterati del tempo: conosceva il latino e il greco, parlava francese e spagnolo, e, come scrisse il Pindemonte, "nelle lettere non poco intinta, componea versi soavi".
Nel 1706, quando la conobbe Luigi Riccoboni, la Balletti (in arte Flaminia) era già famosa per la sua straordinaria capacità di recitare a soggetto, un'arte nella quale si era distinta la madre, quando portava il nome d'arte di Fragoletta.
A vent'anni la Balletti faceva già parte di varie accademie, quella dei Difettosi di Bologna, dell'Arcadia di Roma (col nome di Mirtinda Parasside), senza aver ancora assunto quell'"air de dicter" che disapprovò il Casanova, se P.J. Martelli poteva presentarla come un vero modello di bravura e di modestia: "amor del Po, del Reno e d'Adria... / Per le rime leggiadre...".
Nel 1706 sposò Luigi Riccoboni, detto Lelio, col quale condivise per tutta la vita il grande impegno culturale e le vivaci polemiche per una restaurazione del teatro classico italiano.
Si fa risalire a questo periodo la stesura di diciotto sonetti (Sonetti di Mirtinda Parasside, in Poesie italiane di rimatrici viventi raccolte da Teleste Ciparissiano, Venezia 1716), che, aggiunti ad altri e più impegnati saggi poetici della B. (Canzone della Signora E. R. ferrarese, in Poesie per le acclamatissime nozze delle altezze serenissime il serenissimo Antonio Farnese duca di Parma colla serenissima principessa Enrichetta d'Este duchessa regnante, raccolte ed umiliate al serenissimo duca padrone da C. I. Frugoni genovese...,Parma 1729; Per le reali nozze del delfino e della principessa Maria Giuseppa di Sassonia, canzone di E. R.,Paris 1747), costituiscono un esiguo canzoniere di chiara, e un po' leziosa, ispirazione arcadica.
Nel 1707 la celebre coppia iniziò la realizzazione di un impegnativo programma culturale con la messa in scena di un gruppo di opere di netta ispirazione classica, adattate o tradotte dal Riccoboni, come Coriolano di P. Pariati, Tito Manlio di M. Noris, Britannicus di Racine, cui fecero seguito, tra il 1708 e il 1710, Andromaca di Racine, Sofonisba del Trissino, Semiramide di M. Manfredi, Edipo di Sofocle nella traduzione di Orsato Giustiniano, Il re Torrismondo di T. Tasso.
A Venezia, il 27 ag. 1711 la B. si segnalò nell'interpretazione della Ifigenia di P. J. Martelli; fu poi la Rachele nella tragedia del Martelli e la Cleopatra in quella del Dolfino, ma il successo più clamoroso le arrise il 12 giugno 1713 allorché portò trionfalmente sulle scene a Modena la Merope del Maffei, con una interpretazione che restò famosa negli annali del teatro italiano del Settecento.
Scriveva il Maffei al conte Bertoldo Pellegrini: "Si è recitata ieri sera la Merope con applausi che non vi posso descrivere. Si è pianto, si è riso, si è gridato da matti, e per altro il teatro pareva di statue". Ma il Martelli nel Femia (una caustica satira il cui titolo è l'anagramma di Maffei) la pensava diversamente sul trionfo del rivale ("Parte n'ebbe suo merto, io parte, e parte / V'ebbe una sua già favorita attrice, / Che colle finte lagrime le vere / Sapea svegliar di chi l'udia ne, lumi") e anche il Pindemonte, nel suo Elogio del Maffei, notò di sfuggita "... che a invaghirlo dei coturno ebbe parte una comica illustre, E. B... Molto la pregia Scipione, che un argomento scelse in bello studio per lei al pare d'alcuni; senonché sappiamo che felice su tutti gli altri parve a lui sempre il soggetto di Merope...".
Il successo personale della B. aumentò considerevolmente quando la schiera dei suoi ammiratori s'accrebbe del prestigio di A. Conti. La B. divenne allora, a detta del Casanova, il pomo della discordia tra il Conti, il Maffei e il Martelli, che si batterono furiosamente "à coups de plumes", scandalo e delizia degli ambienti letterari del tempo.
La ormai celebre compagnia di Lelio e Flaminia continuava frattanto le sue rappresentazioni portando sulle scene, tra il 1714 e il 1715, Artaserse di G. Agosti, Sesostri di G. Pariati, Adria del Martelli, in prima assoluta a Venezia, Caton dell'Addison e la Princesse d'Elide di Molière, che fu uno dei maggiori successi della compagnia. L'ultima rappresentazione italiana fu l'ariostesca Scolastica, recitata la prima volta forse al Teatro S. Luca di Venezia tra la fine del 1715 e il principio del 1716, che fu accolta sfavorevolmente dal pubblico avvezzo agli spettacoli della commedia dell'arte, costringendo la compagnia a trasferirsi stabilmente a Parigi.
Il debutto avvenne in una sala del Palais Royal ( non essendo ancora pronto l'Hôtel de Bourgogne, restaurato per l'occasione) con l'Heureuse surprise, il 18 maggio 1716, alla presenza del reggente e della duchessa de Berry, e di un pubblico attento e incuriosito, pronto a fare confronti con i comici italiani della tradizione secentesca. L'attesa era grande per tutti i componenti la compagnia, specie per la B. che riuscì a superare agevolmente la prova nonostante quell'ostentato "air de capacité" che infastidiva il pubblico e che un critico contemporaneo non mancò di sottolineare. Il 17 ott. 1716, poco dopo il suo arrivo in Francia, per iniziativa dei letterati H. de Lamotte, N. Boindin e altri frequentatori del caffè Grodot, la B. ottenne un clamoroso successo con un canovaccio redatto per lei, L'amante difficile (il Lamotte ne fu il maggiore artefice); ma il successo della B. non significò un'anticipazione al serio ed impegnato programma teatrale del Riccoboni. Il repertorio della compagnia finì con l'adagiarsi fatalmente sulla tradizione della commedia dell'arte, dalla quale usciva solo per qualche timido tentativo culturalmente più impegnato che non suscitava però il favore del pubblico.
I canovacci nei quali la B. brillò particolarmente, dopo il definitivo trasferimento all'Hôtel de Bourgogne, avvenuto il 1° giugno 1716, furono: Flaminia veuve fidèle et soldat par vengeance (5 ott. 1716), Les jumeaux o La prigione d'amore di Sforza Oddi (4 nov. 1717), La balourde, ripetuta insieme alla Merope l'11 maggio 17 17.
Il 10 febbr. 1717 fu rappresentata La vie est un songe di Calderón de la Barca nella riduzione del Cicognini, cui fece seguito (6 aprile) Renaud de Montauban ou Le sujet fidèle, ridotto dallo stesso Cicognini da Las pobrezas de Reinaldos di Lope de Vega.
Cresceva intanto il prestigio mondano della B., il cui salotto diveniva ben presto il più autorevole "salon" parigino in fatto di teatro, insignito dall'assidua frequentazione di letterati celebri, e in particolare del Conti, al quale la B. indirizzava una lettera sul ritorno del vecchio attore francese Baron (Michel Boyron), denunciando l'artificiosa recitazione dei comici francesi e la falsa semplicità del loro decano in contrasto con la tradizione italiana (Lettera della signora E. B. R. al signor Abate Conti gentiluomo veneziano sopra la maniera di M. Baron nel rappresentare le Tragedie francesi, in A. Calogerà, Raccolta d'opuscoli scientifici e filologici, XIII, Venezia 1736). Parallelamente alla sua crescente rinomanza letteraria si assiste tuttavia al progressivo declino della B. come attrice specie nei confronti della cugina Giovanna Rosa Benozzi. Questa fase già si rintraccia nelle critiche che si agitarono per la rappresentazione della commedia di J. Autreau, Le naufrage au Port-à-l'Anglais ou Les nouvelles débarquées (25 apr. 1718) per rendersi evidente nella messa in scena di Arlequin Sauvage (17 giugno 1721) e di Timon le Misanthrope (2 genn. 1722), due commedie di L. F. De Lisle de la Drévetière, nelle quali la B. sosteneva il ruolo di prima donna non protagonista. Si inaugura così una nuova attività nella carriera artistica della B. volta prevalentemente alla critica e indirizzata, di riflesso, verso un'esperienza di autrice drammatica.
Lasciò che si pubblicasse la sua lettera al Conti sulla traduzione della Gerusalemme liberata tentata da J-B. Mirabaud (Lettre de M.lle B. à M. l'abbé C. au sujet de la nouvelle traduction du poème de la Jérusalem délivrée du Tasse, Paris 1725), nella quale mise in evidenza la scarsa conoscenza dei Francesi nei riguardi della letteratura drammatica italiana, né mancò di sottolineare gli errori di traduzione commessi dal Mirabaud, che, a quanto pare, utilizzò le indicazioni della B. nella seconda edizione della sua traduzione.
Nel 1725 scrisse una commedia in collaborazione col De Lisle, Naufrage (rappresentata il 14 febbr. 1726), nella quale la B. mostrava di aderire a un teatro tradizionale e sostanzialmente superato, inteso come un puro susseguirsi di intrighi, e polemico nei confronti della commedia psicologica che sembrava conciliare i maggiori interessi del pubblico. L'opera riscosse comunque un successo che mancò completamente alla seconda impresa teatrale della B., Abdilly roi de Grenade ou Les maris embarassés, rappresentata il 20 dic. 1729, sì da costringere l'autrice a ritirarsi dalla Comédie italienne e spingerla a trasferirsi in Italia, dove, per altro, era stato chiamato il marito con l'incarico da parte del duca Antonìo Farnese di organizzare un teatro a Parma.
Morto di lì a poco il principe, la B. rientrò a Parigi il 15 nov. 1731 e il 10 apr. di quello stesso anno fu riammessa alla Comédie italienne (dove ormai dominava la Benozzi) col ruolo di Violetta, servetta, rinunciando alla pensione di 1000 lire che aveva avuto al momento del suo ritiro.
Nel corso di questo secondo soggiorno parigino, e precisamente nel 1750, avvenne l'incontro col Casanova, allora venticinquenne, ma già con fama di avventuriero spregiudicato. Fu un incontro polemico, astioso nei suoi piccoli motivi di rivalità personale e di disprezzo reciproco: "elle ne me le dit pas, mais elle me fit comprendre qu'elle savait qu'illustre dans la république des Lettres elle parlait à un insecte" (III, 121) scriverà più tardi il Casanova, che non le risparmiò a sua volta un giudizio crudele: "Je l'ai trouvée désagréable dans sa figure, dans son ton, dans son style, et jusque dans sa voix..." (III, 121).
La Balletti si ritirò definitivamente dalle scene il 27 marzo 1752. Morì il 29 dic. 1771.
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