1887 Lyda Borelli

Lyda Borelli: nasce a La Spezia, il 26 marzo 1887 † a Roma, il 2 giugno 1959 è stata un'attrice e diva del cinema muto italiana.
In realitá la diva naque a Rivarolo, pero fu registrata a La Spezia perché i genitori facevano parte di una compagnia di girovaganti.
Lyda Borelli in costume da Salomè

Nata a Rivarolo (Genova) il 26 marzo 1887 e morta a Roma il 2 giugno 1959 in una famiglia di artisti (il padre Napoleone, la madre Cesira Banti e la sorella Alda erano attori), Lyda Borelli cominciò la sua carriera in teatro, dove debuttò bambina ne I due derelitti in coppia prima con Paola Pezzaglia, poi con Mercedes Brignone.[2] Dopo numerosi ruoli minori, nel 1904 fu scritturata come prima attrice giovane nella compagnia Talli-Gramatica-Calabresi e debuttò, nel ruolo di Favetta, ne La figlia di Iorio di Gabriele D'Annunzio. Nel 1905 recitò accanto ad Eleonora Duse nella Fernanda di Victorien Sardou, interpretando il ruolo di protagonista: lo spettacolo rappresenta per lei la consacrazione come una tra le più giovani e famose attrici del teatro italiano.
 Nel 1912 diventa capocomica nella compagnia Piperno-Borelli-Gandusio, diretta da Flavio Andò. La giovane attrice interpreta alcuni ruoli che la renderanno celebre (soprattutto durante le tournée in Spagna e in Sudamerica), come il personaggio di Salomè nell'omonima pièce di Oscar Wilde.
Il 1913 è l'anno del suo debutto cinematografico: diretta da Mario Caserini, interpreta Elsa Holbein in
Lyda Borelli nel 1913
Ma l'amor mio non muore!, accanto a Mario Bonnard. Considerato come il primo "diva film" del cinema italiano, Ma l'amor mio non muore! ebbe un grandissimo successo e Lyda Borelli diventò subito una diva amata e ammirata dal pubblico. Nacquero neologismi come "borellismo" e "borelleggiare" per descrivere il fenomeno di imitazione che aveva scatenato nel pubblico femminile. La sua fama era eguagliata solo da Francesca Bertini, l'altra diva del cinema muto italiano.
Antonio Gramsci, uno dei primi intellettuali italiani ad occuparsi del nuovo fenomeno del divismo cinematografico, scrisse di lei:
"La Borelli è l'artista per eccellenza della film in cui la lingua è il corpo umano nella sua plasticità sempre rinnovantesi"
 Analizzando sia lo stile recitativo che l'immagine che la diva creò per se stessa emerge un forte legame con le correnti simboliste, connotate dal gusto liberty e da quello del decadentismo. Le sue pose enfatiche, caratterizzate da un'espressività intensa e accuratamente studiata, dimostrano come la diva sia stata fortemente influenzata dal fenomeno del modernismo (Borelli richiama soprattutto l'estetica dei preraffaelliti, giocando con la somiglianza fisica tra lei ed Elizabeth Siddal, la celebre musa di Dante Gabriel Rossetti).
La carriera cinematografica di Lyda Borelli fu intensa ma molto breve: dal 1913 al 1918 interpretò in totale tredici film. Dopo il successo di Ma l'amor mio non muore! interpretò una donna aviatrice (il cui nome è Lyda) in La memoria dell'altro (diretto da Alberto Degli Abbati nel 1913), ancora una volta accanto a Mario Bonnard. I film successivi, diretti da Carmine Gallone, sono quasi tutti soggetti che l'attrice aveva già interpretato con successo a teatro: La donna nuda (1914, tratto dal dramma di Henri Bataille), Fior di male (1915), La marcia nuziale (1915), La Falena (1916), Malombra (1917), La storia dei tredici (1917). Borelli fu diretta anche dal celebre Enrico Guazzoni in Madame Tallien (1916), unico film in costume della sua carriera.
Lyda Borelli in una fotografia
di Mario Nunes Vais
Una delle interpretazioni forse più celebri della diva è quella della contessa Alba d'Oltrevita in Rapsodia Satanica (1917), diretto da Nino Oxilia. Accompagnato dalla musica composta da Pietro Mascagni e basato sul testo poetico composto da Fausto Maria Martini, il film è caratterizzato da connotazioni simboliste e decadenti (la vecchia contessa Alba d'Oltrevita stringe un patto con Mefisto: potrà ritornare giovane e bellissima, ma in cambio deve promettere di non innamorarsi. La contessa non rispetta il patto: si innamora di un uomo e provoca la morte del fratello del suo amato, anch'egli innamorato di lei. Ormai abbandonata da tutti, torna tra le braccia di Mefisto e ridiventa una donna anziana e sola). Nel 1918 fu diretta da Amleto Palermi in Carnevalesca, un film dal forte contenuto simbolico basato su una sceneggiatura di Lucio D'Ambra, e interpretò due documentari di propaganda bellica oggi perduti: L'altro esercito (intitolato anche La leggenda di Santa Barbara) e Per la vittoria e per la pace!.
Nel mese di giugno del 1918 si sposò con il conte e industriale Vittorio Cini e si ritirò per sempre dalla scena fino a che, col passare del tempo, la sua figura venne quasi del tutto dimenticata. Morì il 2 giugno 1959 a Roma ed è oggi sepolta, insieme al marito, nel cimitero monumentale della Certosa di Ferrara.
A Bologna le è stata intitolata la "Casa di riposo per artisti drammatici", in Via Saragozza 236, di fianco al Teatro delle Celebrazioni.
Filmografia:
*1913:-Ma l'amor mio non muore!, di Mario Caserini.
*1913:-La memoria dell'altro, di Alberto Degli Abbati.
*1914:-La donna nuda, di Carmine Gallone.
*1915:-Fior di male, di Carmine Gallone.
*1915:-La marcia nuziale, di Carmine Gallone.
*1916:-La Falena, di Carmine Gallone.
*1916:-Madame Tallien, di Enrico Guazzoni.
*1917:-Malombra, di Carmine Gallone.
*1917:-La storia dei tredici.
*1917:-Rapsodia satanica, di Nino Oxilia.
*1918:-Carnevalesca, di Amleto Palermi.
*1918:-L'altro esercito (intitolato anche La leggenda di Santa Barbara), documentario perduto.
*1918:-Per la vittoria e per la pace!, documentario perduto.

A 29 anni lasciò il cinema e sposò un ricchissimo uomo di affari e di cultura. Alla notizia, un industriale comasco si uccise con un colpo di pistola. Il marito comprò tutti i suoi film e li fece sparire. L’uomo fu ministro di Mussolini e deportato a Dachau. A farlo scappare fu il figlio Giorgio corrompendo le SS con i gioielli della madre. Il giovane morì in un misterioso incidente aereo previsto, come racconta Dino Buzzati, dal sensitivo Gustavo Rol.  

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